Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge concerne la posizione che l'ordinamento giuridico deve finalmente assumere rispetto al fenomeno della prostituzione; una posizione confusa e incoerente che la pubblica opinione chiede ormai di sanare con urgenza. Il fenomeno è cresciuto nell'ipocrisia generale, tra misure di ritocco che, nello scollamento tra legislazione e società, lasciavano intatto il problema di un comportamento, diventato costume, fortemente criminogeno. Sin dal 1992 abbiamo cercato di prospettare delle valide soluzioni, ma solo dopo dieci anni il Parlamento è mosso nell'iter legislativo fino a vedere la proposizione di un testo base (atto Camera n. 3826 - XIV legislatura) che non ha portato a nulla se non a fare un po' di esercizio ideologico a beneficio dei benpensanti di tutti gli schieramenti. Si è sostenuto che il carattere endemico raggiunto dalla prostituzione, assurta addirittura ad uno dei parametri della moderna società, non sia stato conseguenza della legge 20 febbraio 1958, n. 75, nota come «legge Merlin», bensì della mutata morale sessuale, ovvero della liberalizzazione del sesso. In realtà, l'effetto della liberalizzazione è esattamente contrario, in quanto annulla quasi del tutto le necessità dei giovani celibi di ricorrere alla prostituzione. Altrettanto dicasi per la liberalizzazione e la diffusione di contraccettivi. Si deve piuttosto pensare - a nostro avviso - che ai dannosi effetti della legge n. 75 del 1958, si sia aggiunta come rilevante concausa l'altro deplorevole permissivismo relativo alla pornografia. In questo senso nella passata legislatura siamo riusciti a sanare la scandalosa idiosincrasia dell'articolo 600-bis del codice penale - che nei fatti chiudeva un

 

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occhio sulla prostituzione minorile - inserendone la modifica nella legge che contrasta la pedopornografia (legge n. 38 del 2006).
      La «legge Merlin» ha mostrato tutti i suoi limiti e si è dimostrata incapace di servire al mutamento dei tempi e allo svilupparsi del fenomeno. Le sue previsioni, ora obsolete, impediscono di affrontare adeguatamente il problema della prostituzione schiavizzata straniera e di tutelare i diritti fondamentali delle prostitute. Mentre la legge vieta di «invitare al libertinaggio in luogo pubblico», nelle nostre città sono ormai tradizionalmente noti i viali dove è possibile procurarsi le prestazioni da «libertine» spesso scandalose e soprattutto sfruttate e schiavizzate, quando non sorgono case chiuse clandestine che rispuntano tanto in fretta quanto la polizia le fa chiudere. Lo sfruttamento della prostituzione - nonostante le sanzioni penali previste - è passato da modesta attività artigianale a quello di grande industria, con «fatturato» di milioni e milioni di euro; le malattie veneree si sono moltiplicate come diffusione e ad esse si è aggiunta la minaccia dell'AIDS; il numero dei soggetti, uomini e donne, dediti alla prostituzione si è moltiplicato a dismisura (con rilevante apporto di soggetti extracomunitari); la concorrenza selvaggia ha determinato e sempre più incrementato per tali soggetti la necessità di garantirsi una «protezione», soggiacendo però alle relative forme di sfruttamento; infine, lo svolgersi di simile attività sottopone chi pratica il meretricio a sofferenze fisiche e psichiche non indifferenti. La prostituzione come fenomeno sociale va combattuta, avendo presente che, anche tra coloro che la praticano, la grande maggioranza ne è una vittima.
      Un provvedimento è dunque tanto più necessario per i livelli allarmanti di disagio grave che si registrano nel Paese derivati dalla situazione ormai fuori controllo delle piazze d'Italia, neanche più regolate da una legge sempre mal applicata e ideata in un'Italia, quella del 1958, in cui appunto non esistevano come fenomeni diffusi l'immigrazione al fine di esercitare il lavoro sessuale e, assai più gravi, la prostituzione minorile, la schiavitù, le malattie inguaribili sessualmente trasmissibili.
      Anche quando disapproviamo moralmente la scelta di chi voglia guadagnarsi da vivere con la vendita della propria sessualità, come legislatori dobbiamo stabilire delle regole, fornire una risposta al bisogno del nostro Paese di una legge che sia moderna e in linea con i bisogni della società; oggi, in molti civili e grandi Paesi la prostituzione è un lavoro riconosciuto legalmente, tassato, regolamentato - certamente, e ribadiamo che deve esserlo in modo serio e stretto - per difendere gli interessi della società.
      Uno di questi interessi è la sicurezza sanitaria della collettività e la presente proposta di legge prevede l'obbligo di controlli per i lavoratori sessuali, controlli che sarebbero più difficili sugli esercenti delle cosiddette «zone a luci rosse». Questa soluzione, già in via di sperimentazione in violazione della legge vigente in alcuni comuni, rappresenta un modo ipocrita di allontanare il fenomeno dall'occhio del benpensante e dalle strade più trafficate, quasi si trattasse di un problema di circolazione stradale! Così non vi è alcuna risposta ai problemi che pone la prostituzione nei luoghi pubblici: essa va impedita - per preservare i cittadini minorenni e le famiglie - quindi si deve limitare la sessualità mercenaria al mondo degli adulti e di coloro che intenzionalmente vi si rivolgono, come prestazioni rese da un lavoratore autonomo.
      Qualcosa ci sembra necessario aggiungere per confutare l'argomento principe che si è contrapposto a qualsiasi controllo sanitario: quello della dignità umana di chi si prostituisce.
      La dignità umana non è una astrazione ideologica. L'interpretazione esageratamente estensiva del primo comma dell'articolo 3 della Costituzione porterebbe invero ad assurdità inammissibili. È chiaro che la dignità di un cittadino può essere tutelata solo nei limiti in cui essa sussista e quando egli stesso non vi abbia volontariamente rinunziato. La
 

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stessa «legge Merlin» ci sembra che violi gravemente la dignità dei lenoni, che sono cittadini anche essi. Si consideri inoltre che tutta la legislazione italiana, anche penale, pullula di norme tendenti a porre freno, dettando precise limitazioni, alle attività pericolose, anche se legittime e precedute da autorizzazioni e controlli. Orbene, ci sembra che il più triste aspetto della prostituzione sia proprio quello della rinuncia da parte di chi la esercita alla propria dignità ed al proprio pudore in cambio di denaro. I primi nemici della dignità personale di chi si prostituisce sono loro stessi. Non può essere sostenuto da alcuno che offrire il proprio corpo in luoghi aperti al pubblico e sotto gli occhi di tutti sia più dignitoso di una esibizione riservata ed in presenza dei soli «clienti». Nessuno dubita del diritto di ciascuno a disporre della propria persona ma occorre farlo senza ledere l'integrità altrui, e la salute dei clienti - e di chi esercita la prostituzione - non può essere preservata se non con dei controlli, rispettosi della persona e dell'identità, ma necessari - tanto più conoscendo l'ignoranza diffusa nella popolazione sulle malattie sessuali, la tendenza dei clienti a non voler fare uso di mezzi di prevenzione e delle prostitute più povere a offrire il bonus del rapporto non protetto.
      Le finalità della presente proposta di legge sono quelle di limitare la prostituzione in luoghi non aperti o esposti al pubblico, a cui si possa fare una pubblicità la più limitata possibile.
      Si prevedono delle pene per l'esercizio della prostituzione in luoghi aperti al pubblico o esposti al pubblico, per la pubblicità che vada oltre i ben noti annunci «A.A.A.» e pene, che non saranno mai sufficientemente severe, per chi coinvolge nella prostituzione minori di anni diciotto.
      Si ritiene lo stesso che la prostituzione, la vendita del proprio corpo, sia indice di una sofferenza sociale dell'individuo che la pratica, dunque impegniamo lo Stato a combattere i fattori che la causano e a facilitarne l'abbandono da parte di chi la pratica.
      Le autorità si devono preoccupare di sottoporre a controlli chi esercita la prostituzione senza le certificazioni sanitarie e devono prestare il dovuto sostegno e opportunità per abbandonare la professione da parte di chi ne faccia richiesta nonché ai minori che vi siano coinvolti.
      Sappiamo bene come la prostituzione, come altre attività (quali il gioco d'azzardo, le scommesse e il consumo di sostanze che alterano lo stato di coscienza), rappresenta un fattore disorganizzante per la società e suscita l'interesse delle organizzazioni criminali. Se non è possibile non prevedere una pena per chi esercita l'amore mercenario nei luoghi pubblici, molto di più si deve instaurare un regime di norme che puniscano chi cerca di approfittare della eventuale debolezza dei lavoratori sessuali e dei loro clienti: gli articoli della presente proposta di legge puniscono perciò l'induzione alla prostituzione, il pubblico lenocinio e l'esercente del pubblico esercizio che tolleri la prostituzione ivi praticata.
      Tra coloro che più profittano della debolezza della situazione legislativa in questo campo e della moralità di molti nostri concittadini ci sono i trafficanti di schiavi, coloro che portano sul mercato nazionale gli schiavi del sesso, donne e uomini, spessissimo stranieri, che in violazione delle norme - e anche dei più basilari princìpi della nostra Repubblica - vengono costretti a vendersi alla domanda rampante di sesso a pagamento: non sarà mai possibile regolamentare alcunché in questo campo se non si sarà combattuta questa piaga e ciò non è pensabile se non si sanziona il comportamento di chi compra prestazioni sessuali senza curarsi dello stato di libertà di chi è costretto a darle per un prezzo irrisorio.
      Si delega infine al Governo l'adozione, in tempi brevi, dei regolamenti sanitari, previdenziali e assicurativi relativi al responsabile esercizio del lavoro sessuale, nonché delle norme fiscali affinché chi scelga di essere lavoratore sessuale paghi le tasse su
 

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un'attività che, se pur moralmente criticabile, non può essere vietata in uno Stato che si dica laico e democratico, con il solo limite della difesa dell'interesse della collettività. Interesse che non è certo salvaguardato dalla situazione attuale, dal disinteresse del legislatore, come non lo sarebbe da politiche ipocrite o proibizioniste.
      Si tratta di arginare al meglio un fenomeno che purtroppo non è possibile sradicare e a questo fine si propone la proposta di legge, avendo presente la sua emendabilità e sperando che rappresenti una traccia di lavoro per la ricerca di quella chiara e utile posizione legislativa occorrente.
 

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